L’aria ? fresca, al mercato. Il vento soffia dal mare, al mattino, e le fitte paratie di canne difendono come possono le vecchie contadine al lavoro nelle bancarelle.

La luce del mattino filtra incerta, illuminando tanto i banchi improvvisati quanto quelli pi? grandi, di chi con questo mestiere ci campa.

Uno strano profumo, un misto di tutto ci? che qui si pu? comprare, permea l’aria.

Le donne sistemano la frutta e la verdura. Quando ti avvicini ti offrono un pezzo di ananas, o una banana. Banane piccole, 10 centimetri al massimo, dal sapore intenso e selvatico.

Quando il sole inizia a giocare a nascondino con le foglie delle palme pi? alte, arrivano i ragazzi dalla spiaggia. Spingono di corsa le carriole col pescato. Sono quasi sempre soli, gli uomini rimangono alle barche, per loro la giornata ? gi? quasi esaurita.
Hanno barche di legno irregolari, si vede ancora la forma dell’albero che ci ha messo il legno. Sembra un prodigio che possano galleggiare fino a quando non si vede con quanta naturalezza manovrano tra le secche.
I ragazzi lasciano il grosso del pescato al mercato, e si portano via un paio di pesci a testa. Se la giornata ? stata buona, uno provano a rivendertelo, stando attenti a non farsi vedere.

Non ? una vita facile. Sai benissimo che qui il problema non ? che cosa mettere al matrimonio dell’amico, eppure percepisci un’attrazione per questo mondo del quale non fai parte.

Sai che probabilmente non dureresti una settimana.

Ma qualcosa dentro di te sembra gridare che sarebbe una settimana splendida.

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Un Commento a “Il Mattino ha l’oro in bocca”


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Il 12 novembre 2007 alle 01:05, Francesca Riele ha scritto:

Sembra di leggere un frammento di una pagina scritta da un avventuriero di altri tempi che, sfidando i chilometri si ? in un viaggio, spesso di fortuna, alla scoperta di nuovi mondi, usi e costumi.
Quando ci si imbatte in realt? tanto distante da noi non tutti ma qualcuno si, se lo chiede: “Perch?? Perch? io sono nato in un paese occidentale, ricco, dove con i soldi guadagnati grazie al lavoro che faccio posso permettermi oltre ai beni necessari alla soppravvivenza anche tutto il resto, mentre ci sono luoghi dove per una vita intera, da quando nasci a quando muori, lavorare, sudare, faticare, non ti garantisce l’esonero dalla povert??”
Sin da bambina, appena appresa l’esistenza dei cinque continenti, la relativa distribuzione di ricchezze e potere economico, mi chiedevo spesso “Ma se invece di nascere e crescere in Italia, fossi nata in Africa, che persona sarei stata? Cosa avrei fatto?”. Fu allora che maturai il desiderio, un giorno di recarmi in missione in qualcuno di questi luoghi, non tanto per aiutare quanto per essere aiutata da quella povera gente, povera si ma sono sicura ricca nell’animo, a riappropriarmi del senso delle cose, quelle vitali, importanti, che ti arricchiscono dentro. Sicuramente verr? il momento, l’occasione per godere di un’esperienza simile, ma con gli anni ho capito che per riappropriarsi dei valori importanti della nostra vita non ? per forza necessario fare tanta strada: rimanendo nel nostro paese, citt?, quartiere, cercando bene ? possibile trovare persone ancora semplici, da cui imparare a vivere ogni giorno, gustando la vita, assaporando le emozioni, alla ricerca di una pace interiore che niente ha a che vedere con la smania dello shopping, dell’auto, e di tutto ci? che ? materiale.

Questo il punto a cui vorrei arrivare un giorno, potermi spogliare, come fece San Francesco prima di diventare frate, di tutto il mio superfluo. Sono sicura che la mia ricchezza interiore ne trarrebbe un grosso beneficio. Chiss? se ci riuscir?. Forse qualcuno mi prender? per pazza, ipocrita, utopistica. Ve bene, lo accetto e lo capisco, ma la cosa non mi scalfisce. Ora come ora ho solo paura del lungo viaggio da affrontare.

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