L’incontrai molto tempo fa, ai tempi del Liceo. Tutto accadde grazie all’intuito e alla determinazione di un amico, che insistette moltissimo affinche’ la conoscessi, ed il quale, un pomeriggio, fece in modo che ci incontrassimo durante una passeggiata sulla spiaggia.


Fu un incontro strano, magico; uno di quelli che capitano forse un paio di volte nell’arco di un’intera vita. Cosi’ diversi, io e lei, eppure subito a nostro agio, subito intimi, subito in grado di raccontarci cose delle quali solo poche altre persone possono essere a conoscenza.

Aveva modi sofisticati ma animo semplice e grande cuore; non ci mise molto a prendermi in simpatia e a raccontarmi di lei, delle sue sbornie, della sua vita con il ragazzo che frequentava. Lo chiamava “Smookie”, ed era la sua malattia, la sua dipendenza. Mi racconto’ dei loro viaggi, di tutto cio’ che lui le regalava. Mi racconto’ come lui l’avesse chiusa in una prigione dorata, scintillante.
Il suo racconto era triste, ma la sua voce dolce, ammaliante… e mentre il racconto andava avanti sentii qualcosa accadere in me. Qualcosa di dimenticato iniziava a rianimarsi, e con esso faceva prepotentemente capolino il bisogno di rispondere ad ogni sua frase.

Per poterlo fare, fui costretto a cercarmi dentro, con una determinazione della quale non avrei mai immaginato di essere capace. Riuscii ad aprire porte che credevo di aver chiuso per sempre e serrature delle quali credevo di aver smarrito la chiave; ritrovai scorci di una terra senza laghi, attraversata da torrenti secchi e frastagliata da scogli. Rividi il luccichio del mare tra gli abeti marittimi, risentii l’odore dei pitosfori e il sapore delle fragoline di bosco. Risalii fino in cima alle terrazze per lunghe mulattiere, e lassu’, dove le ginestre non crescono e gli ulivi sembrano tappeti di muschio e licheni, ritrovai il profumo del mare. Accarezzai le rocce lisce bagnate dall’acqua, mentre il sole mi scaldava il cuore e disperdeva gli ultimi banchi di quella fitta nebbia che si stava impossessando di un pezzo della mia vita senza che neppure ne fossi consapevole.

“….Poor Min, Poor Min, Poor Min!”

Il brano fini’. Un silenzio improvviso e scomodo mi avvolse, un silenzio interrotto solo dal mormorio delle onde. Il nastro continuo’ a girare per qualche istante prima di esaurirsi. Quando il walkman che lo riproduceva scatto’, il mio amico mi guardo’ negli occhi e chiese: “Allora? Avevo ragione o no?”

Si, avevi ragione. Questa musica e’ vita”.

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3 Commenti a “My Swing Tale”


1
Il 30 gennaio 2008 alle 15:14, Tiziana ha scritto:

Ma insomma! Quando una pensa d’averti preso le misure te cambi tutto…

Bellissimo, comunque :-)


2
Il 9 febbraio 2008 alle 16:23, Raul ha scritto:

Tu di’ quello che vuoi, secondo me sei un somaro a non aver mai mandato nulla a nessuno.
“verita’ a parte” (^_^), di un po’: tutti i tuoi amici di swing dagli occhi semichiusi, le tette grosse e la lingua lunga qui non commentano?

A presto!


3
Il 11 febbraio 2008 alle 11:14, Grigiofumo ha scritto:

Beh, ma mica tutti sono perditempo come me e te ^_^

E poi, commentare e’ una cosa che ai piu’ costa fatica. Non so perche’, ma il commento e’ vissuto da tanti come un sacrificio… Mah! ^_^

Quando vieni a Ge? Sai che ho non meno di 2000Km di vantaggio su di te…

Cia’,
Fu’

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